Cass. civ. Sez. V, 17/03/2017, n. 6947 – La Corte di Cassazione nell’accogliere il ricorso di un contribuente – libero porfessionista – ha ribadito il concetto che i prelievi bancari non generano presuntivamente reddito atteso che <<L’art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del D.P.R. n. 600 del 1973 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 228 del 24 settembre 2014 limitatamente alle parole “o compensi”, ritenendo che la presunzione posta dalla citata norma con riferimento ai compensi percepiti dai lavoratori autonomi sia lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito.
E’ quindi venuta meno la presunzione, che la citata disposizione poneva, di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale spostandosi, quindi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi.>>