Nelle due sentenze parallele, nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021, il Consiglio di Stato in adunanza plenaria ha ritenuto che la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, disposta dalla legislazione nazionale (art. 182, co. 2, d.l. 34/2020 convertito il L. 77/2020) è in contrasto con il diritto eurounitario e più precisamente con l’art. 49 del Trattato (TFUE) e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (direttiva Bolkenstein). La legislazione nazionale, pertanto, non può essere applicata ne’ dai giudici ne’ dalla pubblica amministrazione.
In coerenza con il principio sopra espresso, il Consiglio di Stato dispone che gli atti di proroga, rilasciata dalla P.A., ancorché su di essi si sia formato un giudicato favorevole, “deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo agli attuali concessionari“.
Tuttavia, conclude il Supremo Collegio, “al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata di tutte le concessioni in essere […], le consessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci fino al 31.12.2023“.
Tale scadenza, peraltro, deve essere interpretata come il termine entro il quale le amministrazioni devono predisporre le procedure di gara richieste, con l’auspicio che il legislatore colmi la lacuna normativa contrastante con i principi di derivazione europea.
A tale scopo, aggiungo, le amministrazioni, ad evitare disparità e squilibri tra i vari soggetti interessati, in sede di predisposizione dei nuovi bandi di gara, potranno e dovranno valutare l’inserimento di clausole cd. “sociali” finalizzate alla tutela e salvaguardia dei concessionari uscenti e del personale impiegato, laddove l’attività in concessione costituisca una fonte di reddito esclusiva e individuale del concessionario.
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