Blog

EMERGENZA COVID – CONTRATTI – CONFLITTI

L’emergenza provocata dal Covid 19, di fatto iniziata a fine febbraio, la cui fine è ancora ignota, ha generato, da più parti e in diverse situazioni, contrasti specie in materia di obbligazioni contrattuali.

Come avvocati dovremo dimostrare di essere all’altezza della situazione e cogliere l’opportunità, fino ad oggi poco sperimentata, di avvalersi di uno strumento già esistente nella nostra cassetta degli attrezzi come la negoziazione.

Un tipo di negoziazione, tuttavia che non gestisce situazioni confliggenti, ma le previene e che guarda al futuro, che dovrà favorire nuovi legami, nuove prospettive e un nuovo modo di concludere accordi. Per fare questo ci sarà bisogno di una consulenza negoziale che accompagni il cliente nella sua esperienza lavorativa, impenditoriale o contrattuale che sia; ci sarà bisogno di mettere in campo tutta la conoscenza, l’esperienza professionale ma soprattutto buon senso, spirito collaborativo, dialogo, emozioni positive.

Sarà fondamentale mettere al servizio del cliente, oltre alle HARD SKILLS [conoscenze di diritto e procedure], quelle che nel diritto anglosassone sono definite SOFT SKILLS ovvero la capacità di una comunicazione efficace, la gestione emotiva, la flessibilità, l’empatia, etc. In tutto questo la capacità d’ascolto sarà tra le doti fondamentali per giungere ad una negoziazione.

Negli schemi contrattuali strettamente legati al diritto l’emergenza Covid pone in evidenza due nozioni fondamentali: – l’impossibilità sopravvenuta e l’eccessiva onerosità. A fronte di queste due cause di risoluzione del contratto la RINEGOZIAZIONE dovrebbe essere la stella polare delle parti e degli avvocati per consentire il raggiungimento di un risultato negoziale che non sia a somma zero.

A mio avviso si tratta di una nuova frontiera della professione, che già da tempo ha segnato il passo, e che ora si trova dinanzi ad una opportunità di rilancio da cogliere al volo.-

ASSEGNO DI DIVORZIO ALL’EX CONIUGE

Cass. civ., 13 febbraio 2020 n. 3661

Con una sentenza, in punto di diritto ineccepibile nelle motivazioni, la Suprema Corte ha ritenuto che, ai fini del riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge assumono rilievo la capacità di quest’ultimo di procurarsi i propri mezzi di sostentamento e le sue potenzialità professionali e reddituali piuttosto che le occasioni concretamente avute dall’avente diritto di ottenere un lavoro. Se la solidarietà post coniugale si fonda sui principi di autodeterminazione e autoresponsabilità, non si potrà che attribuire rilevanza alle potenzialità professionali e reddituali personali, che l’ex coniuge è chiamato a valorizzare con una condotta attiva facendosi carico delle scelte compiute e della propria responsabilità individuale, piuttosto che al contegno, deresponsabilizzante e attendista di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro riversando sul coniuge più abbiente l’esito della fine della vita matrimoniale.

Astrattamente, le decisione non presenta motivi di censura, tuttavia, se calata in un contesto sociale ed economico specifico, a prescindere dal particolare contesto dovuto all’emergenza sanitaria, in cui la possibilità di trovare un’occupazione non sempre risulta agevole, potremmo trovare motivi di riflessione e perplessità quantomeno sul bilanciamento tra i criteri presi ad esame dalla Corte. Personalmente, il principio solidaristico, seppur anch’esso bilanciato con altri criteri ormai consolidati in giurisprudenza, quale ad esempio la durata del rapporto coniugale, la capacità reddituale, etc., dovrebbe far spostare la bilancia verso il coniuge “più debole”.

Studi legali e virus covid-19

Da domani 14 aprile, il governo ha stabilito la riapertura di alcune attività, tra le quali gli studi professionali.
Saremo tenuti ancora al rispetto delle misure basilari di distanziamento ma sarà consentito ricevere i nostri clienti.
Consapevole che nessuno può ritenersi indenne dalle conseguenze della pandemia, pur nel rispetto del decoro, della dignità e della competenza della professione forense, i nostri clienti potranno contare su condizioni adeguate al momento.

EMERGENZA CORONA VIRUS

Visto il protrarsi delle misure di contenimento della diffusione del contagio, saranno valutate aperture programmate in funzione dell’urgenza. A tal fine si invita la clientela ad utilizzare i canali messi a disposizione sul sito, anche social, per l’invio di documenti oppure il contatto telefonico di seguito indicato: 3472731310.

PENSIONI E DIRITTI – Reversibilità per la vedova di coppia omosessuale

Con una decisione “storica” e poco diffusa dagli organi di informazione, il Tribunale di Foggia, con una sentenza di ottobre 2019, ha riconosciuto alla vedova di una coppia di lesbiche il diritto a ottenere la pensione di reversibilita’. La coppia aveva redatto un testamento nel quale si erano nominate, reciprocamente, eredi ed avevano chiesto di essere registrate in un unico stato di famiglia. La morte della compagna era avvenuta nel 2011, anteriormente alla legge Cirinnà, e pertanto l’unione non era per così dire “certificata”.

Con questa sentenza, per la prima volta, si riconosce un diritto a legami anteriori al 2016. La sentenza è ormai divenuta definitiva in quanto l’INPS non ha proposta appello

Successione e beneficairio di polizza assicurativa

E’ sempre più frequente il caso di nomina di un beneficiario di una polizza assicurativa da parte del de cuius che lascia anche scheda una testamentaria incompatibile con la designazione di beneficiario. Quale disposizione prevale?

Il quesito lo risolve la giurisprudenza della Cassazione con questa sentenza – Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 15/10/2018, n. 25635: La nomina nel testamento di un terzo quale erede universale, sic et simpliciter, non è sufficiente a superare la designazione degli eredi legittimi quali beneficiari di una polizza assicurativa sulla vita effettuata dal de cuius nel contratto di assicurazione. E’ necessario, invece, che il testatore revochi espressamente la designazione dei beneficiari della polizza e nomini un nuovo beneficiario di quel contratto assicurativo: in tal caso il diritto alla riscossione del premio spetta al beneficiario nominato nel testamento.

Assegno di separazione

La Suprema Corte con una recente decisione (ordinanza n.26084 del 2019)  ha riconfermato che non rileva il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio per il riconoscimento e quantificazione dell’assegno di separazione. E ciò perché l’assegno  c.d. di separazione assolve principalmente ad una funzione assistenziale, ed il tenore di vita non costituisce un parametro di riferimento per la determinazione dell’assegno di separazione.

L’assegno di separazione (come quello divorzile) non va, quindi, rapportato né al pregresso tenore di vita familiare, né al parametro dell’autosufficienza  economica, ma in misura tale da garantire all’avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo familiare.

Lavoro – tracciabilità dei pagamenti al lavoratore

Com’è noto, a decorrere dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro e i committenti sono tenuti a corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonche ́ ogni anticipo di essa, mediante modalita` tracciabili.

 

L’Ispettorato nazionale del lavoro con nota n. 6201/2018 e n. 7369/2018 ha inteso precisare che il campo d’applicazione del divieto di pagamento in contanti riguarda ciascun elemento della retribuzione ed ogni anticipo della stessa. Pertanto, atteso il tenore letterale della disposizione, gli strumenti di pagamento tracciabili si riferiscono soltanto alle somme erogate a titolo di retribuzione e, quindi, l’utilizzo degli stessi non e` obbligatorio per la corresponsione di somme dovute a diverso titolo.

Alla luce di cio`, a titolo esemplificativo, gli importi imputabili a spese che i lavoratori sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione (es. anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio) possono essere corrisposte in contanti. Per quanto riguarda, invece, l’indennita` di trasferta, in considerazione della natura mista della stessa – risarcitoria e retributiva solo quando superi un determinato importo ed abbia determinate caratteristiche – l’Ispettorato del Lavoro ha ritenuto comun- que necessario ricomprendere le relative somme nell’ambito degli obblighi di tracciabi- lita` , diversamente da quello che avviene rispetto a somme versate esclusivamente a titolo di rimborso documentato che hanno natura solo restitutoria.

Responsabilità del tasto “mi piace” di Facebook

Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, 29 luglio 2019, C-40/17

La Corte di Giustizia UE, ha stabilito che il gestore di un sito internet, il quale abbia deciso che, per maggiore visibilità, il visitatore possa cliccare il tasto “mi piace” di Facebook, appositamente inserito sul suo sito, è responsabile  congiuntamente con la Facebook Ireland, delle ope- razioni di raccolta e di comunicazione mediante trasmissione dei dati di cui trattasi, dal momento che si puo` concludere che la Fashion ID e la Facebook Ireland ne determi- nano, ognuno per i rispettivi interessi, i motivi e le finalita`.

In particolare, la Corte ha stabilito una corresponsabilita` tra il gestore del sito e Facebook per le operazioni di raccolta e di comunicazione, mediante trasmissione dei dati, in ragione del fatto che sia il titolare del sito internet sia Facebook ne traggono un  vantaggio economico.

Caccia

Corte di Cassazione, III sez. pen.,  n. 38470/2019

E’ tempo di caccia ed è opportuno rispettare le leggi, anche quelle più banali. La Cassazione ha ribadito che commette un reato e non un illecito amministrativo, il cacciatore trovato ad esplodere colpi di fucile in violazione del divieto di sparare a una distanza inferiore ai 150 metri dalle abitazioni. E’ scattata la condanna, per accensioni ed esplosioni pericolose, nei confronti del cacciatore che aveva sparato dalla macchina in una strada di campagna, tuttavia di passaggio, a distanza inferiore a quella sopra indicata e in un orario di avvenuta chiusura dell’attività venatoria. Lo ha precisato la Corte di Cassazione, respingendo il ricorso del cacciatore, condannato a 1000 euro di ammenda.

La violazione, da parte del cacciatore, del divieto di sparare a distanza inferiore ai centocinquanta metri in direzione di fabbricati destinati ad abitazione non costituisce illecito amministrativo, ma integra il reato di accensione ed esplosioni pericolose (art. 703 cod. pen.), sì da escludere la natura speciale delle norme in genere fissate in tema di caccia, e quindi la configurabilità di un mero illecito amministrativo.”