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LOCAZIONE DI COSE – Godimento ed utilizzazione del bene locato ad uso non abitativo (obblighi del locatore).

Cass. civ. Sez. III Ordinanza, 13/04/2017, n. 9558

L’obbligo del locatore, in relazione ad immobili adibiti ad uso non abitativo convenzionalmente destinati ad una determinata attività, il cui esercizio richieda specifici titoli autorizzativi, dipendenti anche dall’adeguatezza del bene sotto il profilo edilizio (abitabilità ed alla sua idoneità all’esercizio di una specifica attività commerciale), sussiste solo quando la mancanza di tali titoli autorizzativi dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, così da impedire il rilascio degli atti amministrativi necessari e, quindi, da non consentire in nessun caso l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito. soltanto in questa ipotesi può configurarsi l’inadempimento del locatore, fatto salvo il caso in cui quest’ultimo abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere i necessari titoli abilitativi o, di converso, sia conosciuta e consapevolmente accettata dal conduttore l’assoluta impossibilità di ottenerli.

Contratto di assicurazione r.c. – clausola “claim’s made”: è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c..

Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-04-2017, n. 10506

Della validità di questo tipo di clausole, comunemente dette claim’s made, si sono occupate le Sezioni Unite con la sentenza n. 9140 del 6 maggio 2016. Con questa decisione le Sezioni Unite hanno stabilito che:

(a) la clausola claim’s made, nella parte in cui consente la copertura di fatti commessi dall’assicurato prima della stipula del contratto, non è nulla, e non rende nullo il contratto di assicurazione per inesistenza del rischio, ai sensi dell’art. 1895 c.c.;

(b) la clausola claim’s made, nella parte in cui subordina l’indennizzabilità del sinistro alla circostanza che il terzo danneggiato abbia chiesto all’assicurato il risarcimento entro i termini di vigenza del contratto, delimita l’oggetto di questo, e non la responsabilità dell’assicuratore, e di conseguenza non è vessatoria;

(c) la clausola claim’s made, pur non essendo vessatoria, potrebbe tuttavia risultare in singoli casi specifici non diretta a “realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”, ai sensi dell’art. 1322 c.c.. Quest’ultima valutazione tuttavia va compiuta in concreto e non in astratto, valutando:

(c’) se la clausola subordini l’indennizzo alla circostanza che sia il danno, sia la richiesta di risarcimento da parte del terzo avvengano nella vigenza del contratto;

(c”) la qualità delle parti;

(c”’) la circostanza che la clausola possa esporre l’assicurato a “buchi di garanzia”.

Con la recente sente la Corte ha ritenuto che la clausola in esame non superi il vaglio di meritevolezza richiesto dall’art. 1322 c.c., e pertanto ne ha escluso la validità.

La clausola claim’s made è un patto atipico, sorto in un ordinamento giuridico il cui diritto assicurativo è stato in passato, e resta ancor oggi, molto distante da quello italiano: per genesi, sviluppo e contenuto. In quanto patto atipico, alle parti è consentito adottarla solo se intesa a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo il nostro ordinamento giuridico.

La “meritevolezza” di cui all’art. 1322 c.c., comma 2, non si esaurisce nella liceità del contratto, del suo oggetto o della sua causa. Secondo la Relazione al Codice civile, la meritevolezza è un giudizio (non un requisito del contratto, come erroneamente sostenuto da parte della dottrina), e deve investire non il contratto in sè, ma il risultato con esso perseguito.

Tale risultato dovrà dirsi immeritevole quando sia contrario alla coscienza civile, all’economia, al buon costume od all’ordine pubblico (così la Relazione al Codice, p. 603, 2^ capoverso). Principio che, se pur anteriore alla promulgazione della Carta costituzionale, è stato da questa ripreso e consacrato negli artt. 2, secondo periodo; 4, secondo comma, e 41, secondo comma, cost..

Affinchè dunque un patto atipico possa dirsi “immeritevole”, ai sensi dell’art. 1322 c.c., non è necessario che contrasti con norme positive: in tale ipotesi sarebbe infatti di per sè nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c..

L’immeritevolezza discenderà invece dalla contrarietà (non del patto, ma) del risultato che il patto atipico intende perseguire con i principi di solidarietà, parità e non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati.

In conclusione la clausola c. d. claim’s made, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell’assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 2, in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, e pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione.

Nuove competenze del Giudice di Pace

 nel campo civile

Come cambieranno le competenze del Giudice di Pace? Il Consiglio dei ministri ha approvato in prima lettura il decreto legislativo di riordino dell’intera magistratura onoraria. Le principali novità:

-la competenza per valore sulle cause aventi per oggetto beni mobili viene estesa da 5mila euro a 30mila euro. Quindi un risarcimento danni o un recupero crediti che arriva fino al nuovo tetto sarà di competenza esclusiva del Giudice di Pace e le parti non potranno più rivolgersi al Tribunale;

-la competenza per valore sulle cause aventi per oggetto incidenti stradali viene portata dagli attuali 20mila euro a 50mila euro;

-dai precedenti 5mila, che diventano 50mila per gli incidenti stradali al posto dei precedenti 20mila;

-le decisioni secondo equità potranno riguardare tutte le cause di valore fino a 2.500 euro (attualmente il limite è di 1.100 euro);

-a prescindere dal valore della controversia, il Giudice di Pace avrà competenza esclusiva per tutte le cause in materia di condominio, previo esperimento del tentativo di mediazione.

nel campo penale

Anche nel campo penale la riforma prevede un aumento delle competenze del Giudice di Pace. In particolare:

-viene assegnata ai giudici di pace la giurisdizione sulle minacce aggravate, sulle contravvenzioni per il rifiuto di indicazione al pubblico ufficiale di informazioni sulla propria identità personale e quelle relative all’abbandono e uccisione di animali;

-viene attribuita competenza sulle contravvenzioni per la sicurezza alimentare. La carriera Il giudice di Pace viene inquadrato nell’ambito della magistratura onoraria, quella cioè a tempo limitato;

-l’incarico non determina in nessun caso un rapporto di pubblico impiego. Pertanto, al giudice di Pace non può essere richiesto un impegno superiore a due giorni a settimana.

Ai magistrati onorari che esercitano funzioni giudiziarie è corrisposta, con cadenza trimestrale, un’indennità annuale lorda in misura fissa di 16.140 euro, comprensiva degli oneri previdenziali ed assistenziali. Ai fini previdenziali, il Giudice di Pace viene iscritto alla Gestione separata dell’Inps. Il regime d’iscrizione obbligatoria non si applica ai magistrati onorari che risultino iscritti agli albi forensi.

IMPOSTE E TASSE IN GENERE – Questione di legittimità costituzionale – Professionisti – Accertamento in genere e prelievi bancari.

Cass. civ. Sez. V, 17/03/2017, n. 6947 – La Corte di Cassazione nell’accogliere il ricorso di un contribuente – libero porfessionista – ha ribadito il concetto che i prelievi bancari non generano presuntivamente reddito atteso che <<L’art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del D.P.R. n. 600 del 1973 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 228 del 24 settembre 2014 limitatamente alle parole “o compensi”, ritenendo che la presunzione posta dalla citata norma con riferimento ai compensi percepiti dai lavoratori autonomi sia lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito.

E’ quindi venuta meno la presunzione, che la citata disposizione poneva, di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale spostandosi, quindi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi.>>

AUTOVELOX – Segnalazione della postazione e validità del verbale

Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-03-2017, n. 7949

La recente pronuncia della Suprema Corte afferma che i segnali stradali e dispositivi di segnalazione luminosa devono essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante. Tra il segnale che indica la presenza dell’autovelox, e lo stesso dispositivo, può intercorrere una distanza massima di quattro chilometri, ma il codice della strada non stabilisce alcuna distanza minima.

<<è corretto che la validità delle sanzioni amministrative irrogate per eccesso di velocità, accertato mediante “autovelox”, sia subordinata alla circostanza che la presenza della postazione fissa di rilevazione della velocità sia stata preventivamente segnalata. La circostanza che nel verbale di contestazione di una violazione dei limiti di velocità accertata mediante “autovelox” non sia indicato se la presenza dell’apparecchio fosse stata preventiva mente segnalata mediante apposito cartello non rende, peraltro, nullo il verbale stesso, sempre che di detta segnaletica sia stata accertata o ammessa l’esistenza.

Come considerato da questa Corte (Cass. Sez. 2, 12/05/2016, n. 9770, in motivazione; Cass. Sez. 6 – 2, 15/11/2013, n. 25769), ai sensi del D.M. 15 agosto 2007, art. 2, i segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere installati “con adeguato anticipo” rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante. La distanza tra i segnali o i dispositivi e la postazione di rilevamento della velocità deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi; in particolare, è necessario che non vi sia tra il segnale e il luogo di effettivo rilevamento una distanza superiore a quattro chilometri, mentre non è stabilita una distanza minima, nè assume rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto dopo ciascuna intersezione per gli automobilisti che proseguano lungo la medesima strada>>.

APPROPRIAZIONE INDEBITA – Preliminare di compravendita – Cass. pen. Sez. II, Sent., 29-03-2017, n. 15815

La Cassazione penale, sez. II, ha stabilito che la mancata restituzione di una somma ricevuta in acconto prezzo di un preliminare successivamente risolto, non costituisce appropriazione indebita, laddove il denaro non abbia ricevuto uno specifico vincolo di  destinazione al momento del conferimento.

L’essenza ed il fondamento del reato di appropriazione indebita consiste nella lesione del diritto di proprietà o di altro diritto reale mediante l’abuso di cosa o denaro altrui: infatti, come hanno precisato le SSUU con la sentenza n 1327/2005, nell’appropriazione indebita “il denaro o la cosa mobile di cui l’agente si appropria, non fanno mai parte ab origine del “patrimonio” del possessore, ma si tratta sempre di denaro o di cose di “proprietà” diretta od indiretta di altri, che pur confluendo per una determinata ragione nel “patrimonio” dell’agente, non divengono, proprio per il vincolo di destinazione che le caratterizza, di sua proprietà, in deroga – come espressamente previsto dall’art. 646 c.p., ai principi del diritto civile in tema di acquisto della proprietà delle cose fungibili (cfr. Cass., sez. 2^, 17 giugno 1977, n. 2445, Pomar, RV. 137092).

Non potrà invece ritenersi responsabile di appropriazione indebita colui che non adempia ad obbligazioni pecuniarie cui avrebbe dovuto far fronte con quote del proprio patrimonio non conferite e vincolate a tale scopo.

Ed è proprio in applicazione di tali principii che, ad es., questa Corte ha ritenuto la configurabilità del delitto di appropriazione indebita in una fattispecie in cui al denaro consegnato perchè fossero estinte delle ipoteche (Cass. 47533/2015 riv 266370) o pagati i diritti doganali (Cass. 25281/2016 Rv. 267013), il possessore dette una destinazione diversa. La questione, quindi, alla fin fine, si risolve nello stabilire se l’acconto prezzo relativo ad un preliminare che la parte promissaria acquirente versa al promittente venditore, abbia un vincolo di destinazione ovvero entri a far parte del patrimonio dell’accipiens sicchè, stante la fungibilità del denaro, è ipotizzabile solo un obbligo di restituzione di natura civilistica. Sul punto, ritiene questa Corte – pur prendendo atto della contraria decisione di Cass. 48136/2013 rv. 257483 – di dover dare continuità a quella giurisprudenza secondo la quale “la mancata restituzione della caparra non configura l’ipotesi criminosa di cui all’art. 646 c.p., difettando il presupposto essenziale dell’impossessamento di cosa altrui, poichè la somma (o la cosa fungibile) data a tale titolo passa nel patrimonio dell’accipiens, il quale ne diventa proprietario ed è tenuto in caso di adempimento ad imputarla alla prestazione dovutagli e in caso di inadempimento alla restituzione (trattandosi di cose fungibili) di danaro o cose dello stesso genere in quantità doppia”: Cass. 5732/1982 riv 154152; Cass. 24669/2007 ha ribadito che ove la somma “non sia stata corrisposta al percettore con uno specifico mandato atto a tracciare la destinazione finale della somma stessa – il che determinerebbe in capo all’accipiens la posizione di mero detentore del denaro che resterebbe fino all’esecuzione del mandato di proprietà del dante causa – ma sia stata invece erogata a titolo di prezzo, parziale o totale di una normale compravendita, neppure l’ipotesi della appropriazione indebita può essere configurata.”

Contenzioso tributario – L’esecuzione delle sentenze delle Commissioni tributarie nel d.m. n. 22/2017

Secondo una discutibile, finalmente superata, interpretazione dell’Agenzia delle entrate, l’art. 69 del d.lgs. n. 546 del 1992 doveva interpretarsi nel senso che le sentenze emesse dal giudice tributario divenivano esecutive solo se a favore degli Uffici; se, al contrario, la senteza era favorevole al contribuente, questi non avrebbe potuto chiedere  il rimborso delle imposte se non dopo il termine di 90 giorni, ritenuto, peraltro, termine ordinatorio e non perentorio. Il d.lgs. 156/2015 ha finalmente posto fine all’evidente disparità di trattamento tra l’Erario e il contribuente dispondendo che le sentenze emesse dalla Commissione tributaria divengano esecutive per tutte le parti del processo. Con decreto n. 22 del 2017, si è definitvamente dato  attuazione al regime di immediata esecuzione.

Di seguito si riporta la formula contenuta nel «nuovo» art. 69:

1.  Le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente e quelle emesse su ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’articolo 2, comma 2, sono immediatamente esecutive. Tuttavia il pagamento di somme dell’importo superiore a diecimila euro, diverse dalle spese di lite, può essere subordinato dal giudice, anche tenuto conto delle condizioni di solvibilità dell’istante, alla prestazione di idonea garanzia.

2. …

3.  I costi della garanzia, anticipati dal contribuente, sono a carico della parte soccombente all’esito definitivo del giudizio.

4.  Il pagamento delle somme dovute a seguito della sentenza deve essere eseguito entro novanta giorni dalla sua notificazione ovvero dalla presentazione della garanzia di cui al comma 2, se dovuta.

5.  In caso di mancata esecuzione della sentenza il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma dell’articolo 70 alla commissione tributaria provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale.”

Assicurazione obbligatoria dell’avvocato: il decreto attuativo Decreto Ministero, Giustizia 22/09/2016, G.U. 11/10/2016

Dall’11 ottobre 2017, salvo proroghe o ripensamenti, scatta l’obbligo per gli avvocati di dotarsi di polizza assicurativa a copertura della responsabilità derivante dall’esercizio della professione di avvocato e contro gli infortuni occorsi durante lo svolgimento dell’attività professionale.

Le polizze in corso dovranno essere adeguate alle disposizione del decreto attuativo scaricabile al seguente link DECRETO 22 settembre 2016, pubblicato in GU n.238 del 11-10-2016

Responsabilità medica: la nuova legge sul rischio clinico e la sicurezza delle cure in G. U. n. 64 .17 marzo 2017. L. 8.03.17, n. 24 disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, responsabilità professionale delle strutture e degli esercenti le professioni sanitarie.

La nuova disciplina mira ad un duplice obiettivo: spostare sulle strutture sanitarie, pubbliche o private, il maggior carico della responsabilità alleggerendo i medici, che continueranno a rispondere sempre e comunque ex art. 2043 c.c. in determinate circostanze, permettendo loro una “medicina meno difensiva” che consenta di operare con maggiore serenità; l’altro obiettivo è rappresentato dalla costruzione di un sistema risarcitorio “rafforzato” con la previsione di un sistema assicurativo obbligatorio, oltre che alla  realizzazione di un efficiente sistema di sicurezza delle cure e di prevenzione dei rischi.

Art. 7.  Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria:

1.  La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.

2. omissis

3.  L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5 della presente legge e dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della presente legge.

4.  Il danno conseguente all’attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo.

Separazione coniugi – Affidamento esclusivo o condiviso?

Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-01-2017, n. 27
L’affidamento condiviso rappresenta il regime ordinario derogabile, con un affido esclusivo ad uno dei genitori, soltanto laddove sia riscontrata, nell’interesse del minore, l’inidoneità educativa dell’altro genitore, non essendo sufficiente ad impedire l’affidamento ad entrambi i genitori l’eccessiva litigiosità. La Suprema Corte motiva il suddetto principio confermando “l’orientamente secondo cui l’affidamento condiviso dei figli minori ad entrambi i genitori (che non esclude che essi siano collocati presso uno di essi con previsione di uno specifico regime di visita con l’altro) costituisce il regime ordinario di affidamento, che non è impedito dall’esistenza di una conflittualità tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti di separazione, tranne quando tale regime sia pregiudizievole per l’interesse dei figli, alterando e ponendo in serio pericolo il loro equilibrio e sviluppo psico-fisico. In tal caso la pronuncia di affidamento esclusivo deve essere sorretta da una puntuale motivazione in ordine, non solo, al pregiudizio potenzialmente arrecato ai figli da un affidamento condiviso ma anche all’idoneità del genitore affidatario e all’inidoneità educativa alla manifesta carenza dell’altro genitore”.