Al contrario, la Cassazione ha ricordato che il “T.U. n. 1124 del 1965, art. 2, comma 3, nel testo applicabile ratione temporis risultante dalla modifica apportata dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 12, prevede, per quanto qui rileva, che “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro“, precisando che “l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti” e che “l’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purchè necessitato”, mentre “restano (…) esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni“, nonchè quelli avvenuti nell’ipotesi che il conducente sia “sprovvisto della prescritta abilitazione di guida“; interpretando l’anzidetta disposizione, questa Corte ha avuto modo di chiarire che essa amplia la tutela assicurativa a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro, escludendo qualsiasi rilevanza all’entità del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l’infortunato sia addetto e tutelando piuttosto il rischio generico (connesso al compimento del c.d. percorso normale tra abitazione e luogo di lavoro) cui soggiace qualsiasi persona che lavori, restando per conseguenza confinato il c.d. rischio elettivo a tutto ciò che sia dovuto piuttosto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella legata al c.d. percorso normale, ponendo così in essere una condotta interruttiva di ogni nesso tra lavoro-rischio ed evento “.
Lavoro – tracciabilità dei pagamenti al lavoratore
Com’è noto, a decorrere dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro e i committenti sono tenuti a corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonche ́ ogni anticipo di essa, mediante modalita` tracciabili.
L’Ispettorato nazionale del lavoro con nota n. 6201/2018 e n. 7369/2018 ha inteso precisare che il campo d’applicazione del divieto di pagamento in contanti riguarda ciascun elemento della retribuzione ed ogni anticipo della stessa. Pertanto, atteso il tenore letterale della disposizione, gli strumenti di pagamento tracciabili si riferiscono soltanto alle somme erogate a titolo di retribuzione e, quindi, l’utilizzo degli stessi non e` obbligatorio per la corresponsione di somme dovute a diverso titolo.
Alla luce di cio`, a titolo esemplificativo, gli importi imputabili a spese che i lavoratori sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione (es. anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio) possono essere corrisposte in contanti. Per quanto riguarda, invece, l’indennita` di trasferta, in considerazione della natura mista della stessa – risarcitoria e retributiva solo quando superi un determinato importo ed abbia determinate caratteristiche – l’Ispettorato del Lavoro ha ritenuto comun- que necessario ricomprendere le relative somme nell’ambito degli obblighi di tracciabi- lita` , diversamente da quello che avviene rispetto a somme versate esclusivamente a titolo di rimborso documentato che hanno natura solo restitutoria.
LAVORO E PREVIDENZA
Cass. civ., 12 giugno 2019 n. 15762
Malattia, infortunio – Licenziamento
Cass. civ. Sez. lavoro, 07/12/2018, n. 31763
Le assenze per malattia od infortunio del lavoratore, che non non si protraggano oltre il periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, non legittimano il licenziamento, che è nullo per violazione della norma imperativa di cui all’art. 2110, comma 2, c.c.
LICENZIAMENTO -Giustificato motivo
Cass. civ. Sez. lavoro – 28/02/2019, n. 5996
La giusta causa o il giusitifcato motivo del licenziamento del lavoratore distaccato presso un terzo devono essere valutati con riferimento all’ambito aziendale del datore di lavoro distaccante, non essendo sufficiente la mera cessazione dell’interesse al distacco o la soppressione del posto presso il terzo distaccato. Incombe sul datore di lavoro l’onere di provare, tenuto conto dell’organizzazione aziendale esistente al momento del licenziamento, l’impossibilità di adibire utilmente il lavoratore e mansioni diverse da quelle che prima svolgeva.
LAVORO DIPENDENTE – Risarcibile il danno non patrimoniale
Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 20/04/2018, n. 9901 (rv. 647781-01)
Il recente orientamento della cassazione ha ritenuto che nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente il danno non patrimoniale sia risarcibile ogni qual volta la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i diritti del lavoratore che siano oggetto di tutela costituzionale, sia in ragione della persistenza del comportamento lesivo, della durata e reiterazione delle situazioni di disagio professionale e personale, nonché dell’inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del lavoratore, anche a prescindere da uno specifico intento di declassarlo o svilirne i compiti.
Nel caso trattato la S.C. ha ravvisato una violazione dell’art. 2087 c.c., con conseguente obbligo di risarcimento del danno biologico, nella condotta tenuta dal datore di lavoro nei confronti di una lavoratrice alla quale, dopo il rientro dalla cassa integrazione, non erano stati assegnati compiti da svolgere, era stato disattivato il telefono e non era stato consentito di sostituire personale assente per maternità, nonostante le ripetute richieste.