Autovelox: avviso e taratura

La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nell’ordinanza n. 1661/2019 torna a ribadire l’obbligo della P. A. di avvisare  gli automobilisti con idonea informazione dell’installazione e della conseguente utilizzazione dei dispositivi di rilevamento elettronico della velocità, configurandosi, in difetto, l’illegittimità del relativo verbale di contestazione.

La preventiva segnalazione univoca e adeguata della presenza di sistemi elettronici di rilevamento della velocità costituisce un obbligo specifico e inderogabile degli organi di polizia stradale demandati a tale tipo di controllo, imposto a garanzia dell’utenza stradale, la cui violazione, pertanto, non può non riverberarsi sulla legittimità degli accertamenti, determinandone la nullità.

Inoltre ha confermato che, in caso di contestazione circa l’affidabilità dell’apparecchio il giudice è tenuto ad accertare se l’apparecchio è stato sottoposto alle verifiche di funzionalità e taratura.

CLASS ACTION E AZIONE INDIVIDUALE

Cass. civ. Sez. III, 23/10/2018, n. 26725
AZIONE CIVILE – CONSUMATORE

Il provvedimento che abbia dichiarato inammissibile un’azione di classe richiedente  l’accertamento di una responsabilità per causazione di danni per un gruppo di soggetti (la cd. class action) non può inficiare la proponibilità della suddetta azione a livello individuale, ovvero non ha alcuna portata decisoria.

Danno non patrimoniale

Cass. civ. Sez. III, 04/05/2018, n. 10596

Ai fini di una tutela risarcitoria, ex art. 2059 c.c., sono palesemente non meritevoli di tutela, invocata a titolo di danno esistenziale, i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed ogni altro tipo di insoddisfazione concernenti gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale e che ogni persona, inserita nel complesso sociale, deve accettare, in virtù del dovere di convivenza, un grado minimo di tolleranza.

Nella caso in esame è stata  negata tutela risarcitoria al pregiudizio esistenziale derivato al viaggiatore in conseguenza della soppressione del treno, della mancata coincidenza e di interruzioni di servizio, in quanto non rilevante al punto tale da superare la soglia di sufficiente gravità e compromissione del diritto leso.

RESPONSABILITA’ MEDICA

Cass. civ. Sez. III, 31/10/2017, n. 25849

Le Sezioni Unite della Corte hanno già avuto modo di affermare in tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, il genitore che agisce per il risarcimento del danno ha l’onere di provare che la madre avrebbe esercitato la facoltà d’interrompere la gravidanza – ricorrendone le condizioni di legge – ove fosse stata tempestivamente infoimata dell’anomalia fetale; quest’onere può essere assolto tramite praesumptio hominis, in base a inferenze desumibili dagli elementi di prova in atti, quali il ricorso al consulto medico funzionale alla conoscenza dello stato di salute del nascituro, le precarie condizioni psico-fisiche della gestante o le sue pregresse manifestazioni di pensiero propense all’opzione abortiva, gravando sul medico la prova contraria, i.e. che la donna non si sarebbe determinata all’aborto per qualsivoglia ragione personale (cfr. Cass., Sez. Un., 22/12/2015, n. 25767 e, da ultimo Cass. civ. Sez. 3, Sent., 11-04-2017, n. 9251).

Risarcimento – insidia o trabocchetto

Cassazione n. 20779/17 – E’ negato il diritto al risarcimento del danno nel caso in cui l’asserita insidia sia ben visibile e posizionata nel luogo del sinistro da molto tempo.cassazione sentenza n. 20779/12

Contratto di assicurazione r.c. – clausola “claim’s made”: è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c..

Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-04-2017, n. 10506

Della validità di questo tipo di clausole, comunemente dette claim’s made, si sono occupate le Sezioni Unite con la sentenza n. 9140 del 6 maggio 2016. Con questa decisione le Sezioni Unite hanno stabilito che:

(a) la clausola claim’s made, nella parte in cui consente la copertura di fatti commessi dall’assicurato prima della stipula del contratto, non è nulla, e non rende nullo il contratto di assicurazione per inesistenza del rischio, ai sensi dell’art. 1895 c.c.;

(b) la clausola claim’s made, nella parte in cui subordina l’indennizzabilità del sinistro alla circostanza che il terzo danneggiato abbia chiesto all’assicurato il risarcimento entro i termini di vigenza del contratto, delimita l’oggetto di questo, e non la responsabilità dell’assicuratore, e di conseguenza non è vessatoria;

(c) la clausola claim’s made, pur non essendo vessatoria, potrebbe tuttavia risultare in singoli casi specifici non diretta a “realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”, ai sensi dell’art. 1322 c.c.. Quest’ultima valutazione tuttavia va compiuta in concreto e non in astratto, valutando:

(c’) se la clausola subordini l’indennizzo alla circostanza che sia il danno, sia la richiesta di risarcimento da parte del terzo avvengano nella vigenza del contratto;

(c”) la qualità delle parti;

(c”’) la circostanza che la clausola possa esporre l’assicurato a “buchi di garanzia”.

Con la recente sente la Corte ha ritenuto che la clausola in esame non superi il vaglio di meritevolezza richiesto dall’art. 1322 c.c., e pertanto ne ha escluso la validità.

La clausola claim’s made è un patto atipico, sorto in un ordinamento giuridico il cui diritto assicurativo è stato in passato, e resta ancor oggi, molto distante da quello italiano: per genesi, sviluppo e contenuto. In quanto patto atipico, alle parti è consentito adottarla solo se intesa a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo il nostro ordinamento giuridico.

La “meritevolezza” di cui all’art. 1322 c.c., comma 2, non si esaurisce nella liceità del contratto, del suo oggetto o della sua causa. Secondo la Relazione al Codice civile, la meritevolezza è un giudizio (non un requisito del contratto, come erroneamente sostenuto da parte della dottrina), e deve investire non il contratto in sè, ma il risultato con esso perseguito.

Tale risultato dovrà dirsi immeritevole quando sia contrario alla coscienza civile, all’economia, al buon costume od all’ordine pubblico (così la Relazione al Codice, p. 603, 2^ capoverso). Principio che, se pur anteriore alla promulgazione della Carta costituzionale, è stato da questa ripreso e consacrato negli artt. 2, secondo periodo; 4, secondo comma, e 41, secondo comma, cost..

Affinchè dunque un patto atipico possa dirsi “immeritevole”, ai sensi dell’art. 1322 c.c., non è necessario che contrasti con norme positive: in tale ipotesi sarebbe infatti di per sè nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c..

L’immeritevolezza discenderà invece dalla contrarietà (non del patto, ma) del risultato che il patto atipico intende perseguire con i principi di solidarietà, parità e non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati.

In conclusione la clausola c. d. claim’s made, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell’assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 2, in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, e pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione.

AUTOVELOX – Segnalazione della postazione e validità del verbale

Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-03-2017, n. 7949

La recente pronuncia della Suprema Corte afferma che i segnali stradali e dispositivi di segnalazione luminosa devono essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante. Tra il segnale che indica la presenza dell’autovelox, e lo stesso dispositivo, può intercorrere una distanza massima di quattro chilometri, ma il codice della strada non stabilisce alcuna distanza minima.

<<è corretto che la validità delle sanzioni amministrative irrogate per eccesso di velocità, accertato mediante “autovelox”, sia subordinata alla circostanza che la presenza della postazione fissa di rilevazione della velocità sia stata preventivamente segnalata. La circostanza che nel verbale di contestazione di una violazione dei limiti di velocità accertata mediante “autovelox” non sia indicato se la presenza dell’apparecchio fosse stata preventiva mente segnalata mediante apposito cartello non rende, peraltro, nullo il verbale stesso, sempre che di detta segnaletica sia stata accertata o ammessa l’esistenza.

Come considerato da questa Corte (Cass. Sez. 2, 12/05/2016, n. 9770, in motivazione; Cass. Sez. 6 – 2, 15/11/2013, n. 25769), ai sensi del D.M. 15 agosto 2007, art. 2, i segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere installati “con adeguato anticipo” rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante. La distanza tra i segnali o i dispositivi e la postazione di rilevamento della velocità deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi; in particolare, è necessario che non vi sia tra il segnale e il luogo di effettivo rilevamento una distanza superiore a quattro chilometri, mentre non è stabilita una distanza minima, nè assume rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto dopo ciascuna intersezione per gli automobilisti che proseguano lungo la medesima strada>>.

Assicurazione obbligatoria dell’avvocato: il decreto attuativo Decreto Ministero, Giustizia 22/09/2016, G.U. 11/10/2016

Dall’11 ottobre 2017, salvo proroghe o ripensamenti, scatta l’obbligo per gli avvocati di dotarsi di polizza assicurativa a copertura della responsabilità derivante dall’esercizio della professione di avvocato e contro gli infortuni occorsi durante lo svolgimento dell’attività professionale.

Le polizze in corso dovranno essere adeguate alle disposizione del decreto attuativo scaricabile al seguente link DECRETO 22 settembre 2016, pubblicato in GU n.238 del 11-10-2016

Responsabilità medica: la nuova legge sul rischio clinico e la sicurezza delle cure in G. U. n. 64 .17 marzo 2017. L. 8.03.17, n. 24 disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, responsabilità professionale delle strutture e degli esercenti le professioni sanitarie.

La nuova disciplina mira ad un duplice obiettivo: spostare sulle strutture sanitarie, pubbliche o private, il maggior carico della responsabilità alleggerendo i medici, che continueranno a rispondere sempre e comunque ex art. 2043 c.c. in determinate circostanze, permettendo loro una “medicina meno difensiva” che consenta di operare con maggiore serenità; l’altro obiettivo è rappresentato dalla costruzione di un sistema risarcitorio “rafforzato” con la previsione di un sistema assicurativo obbligatorio, oltre che alla  realizzazione di un efficiente sistema di sicurezza delle cure e di prevenzione dei rischi.

Art. 7.  Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria:

1.  La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.

2. omissis

3.  L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5 della presente legge e dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della presente legge.

4.  Il danno conseguente all’attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo.

CIRCOLAZIONE STRADALE – Strada privata ad uso pubblico: il Comune è responsabile della manutenzione.

Cassazione Civile, sez. VI-3, ordinanza 07/02/2017 n° 3216.- “E’ in colpa la pubblica amministrazione la quale né provveda alla manutenzione o messa in sicurezza delle aree, anche di proprietà privata, latistanti le vie pubbliche, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti della strada, né provveda ad inibirne l’uso generalizzato. Ne consegue che, nel caso di danni causati da difettosa manutenzione d’una strada, la natura privata di questa non è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità dell’amministrazione comunale, se per la destinazione dell’area o perle sue condizioni oggettive, l’amministrazione era tenuta alla sua manutenzione”