Cass. civ. Sez. III, 10/01/2017, n. 238
Ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale da perdita di persona cara, costituisce indebita duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale (non altrimenti specificato) e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita, e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita, altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ma unitariamente ristorato. In caso di morte di una casalinga verificatasi in conseguenza dell’altrui fatto dannoso, i congiunti conviventi hanno diritto al risarcimento del danno, quantificabile in via equitativa, subito per la perdita delle prestazioni attinenti alla cura ed all’assistenza da essa presumibilmente fornite, atteso che tali prestazioni, benché non produttive di reddito, sono valutabili economicamente, ciò anche nell’ipotesi in cui la vittima fosse solita avvalersi di collaboratori domestici, perché comunque i suoi compiti risultano di maggiore ampiezza, intensità e responsabilità rispetto a quelli espletati da un prestatore d’opera dipendente.