Ciclista ubriaco: condannato per guida in stato di ebbrezza

Lo dispone la Corte di Appello di Lecce che condanna un uomo per il reato di cui agli artt. 81 cpv c.p., D.Lgs. n.
30 aprile 1992 n. 285, 186, comma 2, e 187, comma 1, eliminando la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, comminata dal Tribunale di Lecce.

“La pronuncia, infatti, è conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, autorevolmente sostenuto dalle Sezioni Unite, secondo cui “il reato di guida in stato di ebbrezza ben può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, posto che anche tale mezzo è idoneo a interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale, ferma la inapplicabilità concreta delle sanzioni amministrative accessorie previste per tale reato, come, ad es., della sospensione della patente di guida, non praticabile nel caso in cui per la guida del mezzo non sia prevista abilitazione” (cfr. Sez. Un., n. 12316 del 30/01/2002).”La pronuncia, infatti, è conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, autorevolmente sostenuto dalle Sezioni Unite, secondo cui “il reato di guida in stato di ebbrezza ben può essere commesso attraverso la conduzione di una
bicicletta, posto che anche tale mezzo è idoneo a interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale, ferma la inapplicabilità concreta delle sanzioni amministrative accessorie previste per tale reato, come, ad es., della sospensione della patente di guida, non praticabile nel caso in cui per la guida del mezzo non sia prevista abilitazione” (cfr. Sez. Un., n. 12316 del 30/01/2002).

BUONE FESTE

Buon Natale e felice anno nuovo!
Avvocato Marco Pellegrini
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Avvocato Marco Pellegrini

Concessioni demaniali marittime – Consiglio di Stato – ADUNANZA PLENARIA – Sentenze n. 17-18/2021

Nelle due sentenze parallele, nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021, il Consiglio di Stato in adunanza plenaria ha ritenuto che la proroga automatica delle…

Concessioni demaniali marittime – Consiglio di Stato – ADUNANZA PLENARIA – Sentenze n. 17-18/2021

Concessioni demaniali marittime – Consiglio di Stato – ADUNANZA PLENARIA – Sentenze n. 17-18/2021

Nelle due sentenze parallele, nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021, il Consiglio di Stato in adunanza plenaria ha ritenuto che la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, disposta dalla legislazione nazionale (art. 182, co. 2, d.l. 34/2020 convertito il L. 77/2020) è in contrasto con il diritto eurounitario e più precisamente con l’art. 49 del Trattato (TFUE) e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (direttiva Bolkenstein). La legislazione nazionale, pertanto, non può essere applicata ne’ dai giudici ne’ dalla pubblica amministrazione.

In coerenza con il principio sopra espresso, il Consiglio di Stato dispone che gli atti di proroga, rilasciata dalla P.A., ancorché su di essi si sia formato un giudicato favorevole, “deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo agli attuali concessionari“.

Tuttavia, conclude il Supremo Collegio, “al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata di tutte le concessioni in essere […], le consessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci fino al 31.12.2023“.

Tale scadenza, peraltro, deve essere interpretata come il termine entro il quale le amministrazioni devono predisporre le procedure di gara richieste, con l’auspicio che il legislatore colmi la lacuna normativa contrastante con i principi di derivazione europea.

A tale scopo, aggiungo, le amministrazioni, ad evitare disparità e squilibri tra i vari soggetti interessati, in sede di predisposizione dei nuovi bandi di gara, potranno e dovranno valutare l’inserimento di clausole cd. “sociali” finalizzate alla tutela e salvaguardia dei concessionari uscenti e del personale impiegato, laddove l’attività in concessione costituisca una fonte di reddito esclusiva e individuale del concessionario.

FAMIGLIA – FIGLIO MAGGIORENNE – MANTENIMENTO – LIMITI

Ordinanza n. 17183 – 14 agosto 2020 – CORTE DI CASSAZIONE

La Prima Sezione Civile della Suprema Corte ha, ancora una volta, precisato i limiti entro cui il figlio maggiorenne “convivente” può ottenere il mantenimento a carico dei propri genitori.

I giudici di legittimità hanno interpretato l’art. 337 -septies, co. 7, c.c., nel senso che, ultimato il prescelto percorso formativo (scuola secondaria, facoltà universitaria, corso di formazione professionale), il maggiorenne debba adoperarsi per rendersi indipendente economicamente. A tale scopo, egli è tenuto ad impegnarsi attivamente per trovare un’occupazione, tenendo conto delle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, finanche a modificare le proprie aspirazioni.

A tale conseguenza si giunge tenendo in considerazione il principio di autoresponsabilità che informa l’ordinamento giuridico e scandisce i doveri del soggetto maggiore d’età: costui, dunque, non può ostinarsi e indugiare oltre ragionevoli limiti che finirebbero per trasformare l’assistenza economica ad infinitum in forme di vero parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani. Deve peraltro operarsi un contemperamento, inspirato al principio di compatibilità, delle inclinazioni e aspirazioni del figlio con quelle che sono le condizioni economiche dei genitori.

ASSEGNO DI DIVORZIO ALL’EX CONIUGE

Cass. civ., 13 febbraio 2020 n. 3661

Con una sentenza, in punto di diritto ineccepibile nelle motivazioni, la Suprema Corte ha ritenuto che, ai fini del riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge assumono rilievo la capacità di quest’ultimo di procurarsi i propri mezzi di sostentamento e le sue potenzialità professionali e reddituali piuttosto che le occasioni concretamente avute dall’avente diritto di ottenere un lavoro. Se la solidarietà post coniugale si fonda sui principi di autodeterminazione e autoresponsabilità, non si potrà che attribuire rilevanza alle potenzialità professionali e reddituali personali, che l’ex coniuge è chiamato a valorizzare con una condotta attiva facendosi carico delle scelte compiute e della propria responsabilità individuale, piuttosto che al contegno, deresponsabilizzante e attendista di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro riversando sul coniuge più abbiente l’esito della fine della vita matrimoniale.

Astrattamente, le decisione non presenta motivi di censura, tuttavia, se calata in un contesto sociale ed economico specifico, a prescindere dal particolare contesto dovuto all’emergenza sanitaria, in cui la possibilità di trovare un’occupazione non sempre risulta agevole, potremmo trovare motivi di riflessione e perplessità quantomeno sul bilanciamento tra i criteri presi ad esame dalla Corte. Personalmente, il principio solidaristico, seppur anch’esso bilanciato con altri criteri ormai consolidati in giurisprudenza, quale ad esempio la durata del rapporto coniugale, la capacità reddituale, etc., dovrebbe far spostare la bilancia verso il coniuge “più debole”.

Studi legali e virus covid-19

Da domani 14 aprile, il governo ha stabilito la riapertura di alcune attività, tra le quali gli studi professionali.
Saremo tenuti ancora al rispetto delle misure basilari di distanziamento ma sarà consentito ricevere i nostri clienti.
Consapevole che nessuno può ritenersi indenne dalle conseguenze della pandemia, pur nel rispetto del decoro, della dignità e della competenza della professione forense, i nostri clienti potranno contare su condizioni adeguate al momento.

EMERGENZA CORONA VIRUS

Visto il protrarsi delle misure di contenimento della diffusione del contagio, saranno valutate aperture programmate in funzione dell’urgenza. A tal fine si invita la clientela ad utilizzare i canali messi a disposizione sul sito, anche social, per l’invio di documenti oppure il contatto telefonico di seguito indicato: 3472731310.

Caccia

Corte di Cassazione, III sez. pen.,  n. 38470/2019

E’ tempo di caccia ed è opportuno rispettare le leggi, anche quelle più banali. La Cassazione ha ribadito che commette un reato e non un illecito amministrativo, il cacciatore trovato ad esplodere colpi di fucile in violazione del divieto di sparare a una distanza inferiore ai 150 metri dalle abitazioni. E’ scattata la condanna, per accensioni ed esplosioni pericolose, nei confronti del cacciatore che aveva sparato dalla macchina in una strada di campagna, tuttavia di passaggio, a distanza inferiore a quella sopra indicata e in un orario di avvenuta chiusura dell’attività venatoria. Lo ha precisato la Corte di Cassazione, respingendo il ricorso del cacciatore, condannato a 1000 euro di ammenda.

La violazione, da parte del cacciatore, del divieto di sparare a distanza inferiore ai centocinquanta metri in direzione di fabbricati destinati ad abitazione non costituisce illecito amministrativo, ma integra il reato di accensione ed esplosioni pericolose (art. 703 cod. pen.), sì da escludere la natura speciale delle norme in genere fissate in tema di caccia, e quindi la configurabilità di un mero illecito amministrativo.”

Crisi aziendale e recesso del conduttore

Cass. civ. Sez. III, 28/02/2019, n. 5803

Lo stato di crisi aziendale, la riduzione delle commesse e la riduzione di alcune unità di personale impiegatizio rappresentano, senza dubbio, gravi motivi rilevanti ai fini dell’esercizio della facoltà di recesso del conduttore ai sensi dell’at. 27 L. 392/78.

La Suprema Corte ritiene che i gravi motivi, previsti della disposizione, devono essere determinati da fatti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione, per cui deve ritenersi legittimo il recesso esercitato dal conduttore in tal senso motivato.