ESECUZIONE FORZATA – PRECETTO- Requisiti [Cassazione civile, 26 luglio 2022, n. 23343]

La Corte di Cassazione è stata recentemente chiamata a risolvere un quesito posto dal debitore che sosteneva la violazione dell’art. 480, comma 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non avere il Tribunale dichiarato la nullità del precetto benché privo dell’avvertimento indicato dalla citata disposizione.

Tale disposizione prevede che nel precetto debba essere inserito l’avvertimento (art. 480, comma 2, c.p.c.), concernente la possibilità di ricorrere alla procedura di sovraindebitamento.

Ritiene la Corte come la mancanza del detto avvertimento, in seno al precetto, non possa condurre ad alcuna invalidità dello stesso, trattandosi invece di mera irregolarità (come correttamente ritenuto dal primo giudice), per plurime ragioni.

Il nuovo periodo in questione, benché inserito in prosecuzione a quello originario (ove si commina la nullità dell’atto di precetto in ben specifiche ipotesi), non ribadisce espressamente la sanzione processuale anche per il caso della mancanza del detto avvertimento, sicché la littera legis non depone affatto per un’interpretazione nel senso propugnato dagli odierni ricorrenti.

Gli elementi formali del precetto, cui detta sanzione è collegata, sono prescritti allo scopo di consentire all’intimato l’individuazione inequivoca dell’obbligazione da adempiere e del titolo esecutivo azionato (v. Cass. n. 1928/2020), finalità che – come immediatamente intuibile e come meglio si dirà nelle pagine che seguono – è del tutto estranea alla ratio legis che ha ispirato la novellazione dell’art. 480, comma 2, c.p.c.

L’avvertimento di cui all’art. 480, comma 2, secondo periodo, c.p.c., non è infatti funzionale alla prevenzione di decadenze o altre conseguenze processuali negative in capo all’intimato, ma ha una ratio precipuamente “promozionale” (benché, in verità, abbastanza eccentrica, per essere contenuta in una disposizione normativa); in altre parole, la ratio legis della novella, nella sostanza, è quella di incentivare o stimolare il ricorso ad una delle procedure di cui agli artt. 6 ss. della citata legge n. 3/2012, che – all’epoca della novella stessa (e a differenza dell’attualità) – non erano molto in voga nella prassi giudiziaria. Costituisce riprova di ciò la circostanza che la domanda di accesso del debitore ad una procedura di “composizione da crisi di sovraindebitamento” non è soggetta ad alcun termine di decadenza, rispetto alle scansioni di una procedura esecutiva “preannunciata” da un precetto eventualmente monco dell’avvertimento in parola.

Può conclusivamente affermarsi il seguente principio di diritto: “L’omissione dell’avvertimento di cui all’art. 480, comma 2, secondo periodo c.p.c. (introdotto dall’art. 13, comma 1, lett. a), del d.l. n. 83 del 2015, conv. in legge n. 132 del 2015) – che prescrive che il creditore precettante debba informare il debitore intimato dell’opportunità di proporre una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3 del 2012 – costituisce mera irregolarità e non determina la nullità del precetto, giacché la nuova disposizione non commina espressamente tale sanzione, né essa è altrimenti desumibile, la novella non essendo posta a presidio della posizione processuale del debitore, bensì avendo soltanto l’obiettivo di promuovere o stimolare un più massiccio ricorso a dette nuove procedure

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