MANTENIMENTO. ANCHE IL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO FA CESSARE L’OBBLIGO PER IL GENITORE DI CORRISPONDERE L’ASSEGNO. CASSAZIONE 40282/2021

La Corte di Cassazione ha affermato che l’assegno di mantenimento al figlio viene meno, anche se questi firma un contratto a tempo determinato, valorizzando l’importanza dell’indipendenza del figlio e del suo ingresso nel mondo del lavoro. Da questo momento, dal momento in cui, cioè, il figlio maggiorenne ha conseguito la capacità di far fronte alle sue esigenze, ed il suo conseguente inserimento nel mondo del lavoro con un’attività che sia retribuita in modo tale da consentirgli di provvedere a sé stesso, viene esclusa la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento.

Condizione è che la durata del contratto non abbia un termine eccessivamente breve, tipico dei contratti stagionali o a “chiamata”. In tale ipotesi, la Cassazione evidenzia che la durata del contratto non conduce alla stabilità economica, bensì all’instabilità, con la conseguenza che l’obbligo al mantenimento non viene a cessare.

Obblighi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro

Circolare ispettorato nazionale del lavoro n. 1 del 16.02.2022

L’art. 13 del D.L. n. 146/2021, come convertito dalla L. n. 215/2021, ha introdotto importanti modifiche all’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 che disciplina gli obblighi formativi in materia di salute e sicurezza del lavoro.

Con la presente circolare si forniscono le prime indicazioni, condivise con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot. n. 1410 del 16 febbraio 2022, con specifico riferimento alle novità che, in materia di formazione, interessano datori di lavoro, dirigenti e preposti.

Con successiva nota saranno fornite indicazioni in relazione alle ulteriori novità introdotte dal D.L. n. 146/2021 non affrontate in questa sede.

Una prima novità è contenuta nel nuovo comma 7 del citato art. 37, secondo il quale “il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”.

La disposizione individua anzitutto, quale nuovo soggetto destinatario degli obblighi formativi, il datore di lavoro il quale, unitamente ai dirigenti ed ai preposti, deve ricevere una “adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico” secondo quanto previsto da un accordo da adottarsi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Alla Conferenza è infatti demandato il compito di adottare, entro il 30 giugno 2022, “un accordo nel quale provvede all’accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del presente decreto in materia di formazione, in modo da garantire:

a) l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;

b) l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa”.

Per quanto concerne il datore di lavoro, l’accordo demandato alla Conferenza costituisce dunque elemento indispensabile per l’individuazione del nuovo obbligo a suo carico. Sarà infatti l’accordo a determinare non soltanto la durata e le modalità della formazione ma anche i contenuti minimi della stessa, pertanto la verifica circa il corretto adempimento degli obblighi di legge potrà correttamente effettuarsi solo una volta che sia stato adottato il predetto accordo.

dirigenti e preposti

Per quanto concerne l’individuazione degli obblighi formativi a carico dei dirigenti e dei preposti va anzitutto ricordato che la precedente formulazione del comma 7 dell’art. 37 già prevedeva obblighi formativi a loro carico, stabilendo che “i dirigenti e i preposti ricevono a cura del datore di lavoro, un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:

a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione
”.
In sostituzione di tale formulazione il legislatore oggi richiede, anche nei confronti dei dirigenti e dei preposti, una “un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”, rimettendone dunque la disciplina alla Conferenza.

Inoltre, con specifico riferimento alla figura del preposto, il nuovo comma 7-ter stabilisce che “per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi”.

A fronte di tale nuovo quadro normativo occorre dunque formulare alcune osservazioni.

La sostituzione del comma 7 dell’art. 37 che disciplinava gli obblighi formativi a carico di dirigenti e preposti con una formulazione che prevede una formazione “adeguata e specifica” secondo quanto previsto dall’accordo da adottarsi in Conferenza entro il 30 giugno 2022, non fa venire meno, nelle more della sua adozione, l’obbligo formativo a loro carico.

In assenza del nuovo accordo dirigenti e preposti dovranno pertanto essere formati secondo quanto già previsto dal vigente accordo n. 221 del 21 dicembre 2011 adottato dalla Conferenza permanente ai sensi del primo periodo del comma 2 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 e che non è stato interessato dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 146/2021.

Con specifico riferimento alla figura del preposto, tenuto conto di quanto già previsto dal comma 7- ter dell’art. 37 già citato, occorre inoltre specificare quanto segue.

I requisiti della adeguatezza e specificità della formazione del preposto, da garantire attraverso modalità interamente in presenza e periodicità almeno biennale, attengono evidentemente e complessivamente ai contenuti della formazione che sarà declinata entro il 30 giugno 2022 in sede di Conferenza, in quanto riferiti alla formazione di cui al nuovo comma 7 dell’art. 37 (e non più genericamente alla formazione dei lavoratori di cui al comma 2 dello stesso articolo) che a sua volta rinvia specificatamente al secondo periodo del comma 2 e cioè alle scelte che saranno effettuate in Conferenza.

Pertanto, anche tali requisiti andranno verificati in relazione alla nuova disciplina demandata alla Conferenza alla quale, così come del resto già avvenuto in occasione dell’accordo del 2011, occorrerà riferirsi in relazione alla introduzione di un periodo transitorio utile a conformarsi alle nuove regole (v. in particolare par. 10 dell’accordo n. 211 del 21 dicembre 2011 recante “Disposizioni transitorie”).

Obblighi formativi e prescrizione

Come già chiarito, gli obblighi formativi in capo al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti saranno declinati dal nuovo accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro il 30 giugno p.v.

Ne consegue che i nuovi obblighi in capo a tali soggetti, ivi comprese le modalità di adempimento richieste al preposto (formazione in presenza con cadenza almeno biennale), non potranno costituire elementi utili ai fini della adozione del provvedimento di prescrizione ai sensi del D.Lgs. n. 758/1994.

Obbligo di addestramento

Altra novità introdotta in sede di conversione del D.L. n. 146/2021 riguarda gli obblighi di addestramento.

Il comma 5 dell’art. 37 già prevedeva che l’addestramento deve avvenire “da persona esperta e sul luogo di lavoro”. Il legislatore, in tal caso, ha inteso specificare che “l’addestramento consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato”.

Trattasi dunque di contenuti obbligatori della attività di addestramento che trovano immediata applicazione, anche per quanto concerne il tracciamento degli addestramenti in un “apposito registro informatizzato” che riguarderà, evidentemente, le attività svolte successivamente all’entrata in vigore del provvedimento e cioè dal 21 dicembre 2021.

Ne consegue che la violazione degli obblighi di addestramento si realizza anche qualora venga accertata l’assenza della “prova pratica” e/o della “esercitazione applicatarichieste dalla nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 146/2021. Non rileva ai fini sanzionatori invece il tracciamento dell’addestramento nel registro informatizzato, elemento comunque utile sotto il diverso profilo delle procedure accertative e rispetto al quale sarà possibile l’emanazione di una disposizione.

Aggiornamento, al rialzo, degli importi di Cassa integrazione e NASpI 2022. Nella circolare allegata tutti gli importi.

Importi massimi dei trattamenti di integrazione salariale, dell’assegno di integrazione salariale e dell’assegno emergenziale per il Fondo di solidarietà del Credito, dell’assegno emergenziale per il Fondo di solidarietà del Credito Cooperativo, dei trattamenti di disoccupazione NASpI, DIS-COLL e ALAS, dell’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa

OGGETTO:

SOMMARIO:

(ISCRO), dell’indennità di disoccupazione agricola e dell’assegno per le attività socialmente utili relativi all’anno 2022

Si riporta la misura, in vigore dal 1° gennaio 2022, degli importi massimi dei trattamenti di integrazione salariale, dell’assegno di integrazione salariale e dell’assegno emergenziale per il Fondo di solidarietà del Credito, dell’assegno emergenziale per il Fondo di solidarietà del Credito Cooperativo, delle indennità di disoccupazione NASpI, DIS-COLL, ALAS, dell’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO), dell’indennità di disoccupazione agricola, nonché la misura dell’importo mensile dell’assegno per le attività socialmente utili.

INDICE

1. Premessa
2. Cassa integrazione ordinaria (CIGO), cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA), cassa integrazione straordinaria (CIGS) e assegno di integrazione salariale del FIS
3. Fondo Credito
a) Assegno di integrazione salariale
b) Assegno emergenziale
4. Fondo Credito Cooperativo
a) Assegno emergenziale
5. Indennità di disoccupazione NASpI
6. Indennità di disoccupazione DIS-COLL
7. Indennità di disoccupazione agricola
8. Indennità di disoccupazione a favore dei lavoratori autonomi dello spettacolo (ALAS) 9. Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO)
10. Assegno per attività socialmente utili

1. Premessa

L’articolo 3, comma 6, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, prevede che, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a decorrere dall’anno 2016, gli importi del trattamento di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 3, comma 5, del decreto citato, nonché la retribuzione mensile di riferimento, comprensiva dei ratei di mensilità

aggiuntive, da prendere a riferimento quale soglia per l’applicazione del massimale, siano aumentati nella misura del 100% dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

Con la circolare n. 18 del 1° febbraio 2022, sono state illustrate, tra l’altro, le linee di indirizzo e le prime indicazioni in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, alla luce delle modifiche introdotte dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234.

Tra le principali modifiche, si segnala l’articolo 1, comma 194, lettera a), della legge n. 234/2021 che, dopo il comma 5 dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 148/2015, introduce il comma 5-bis che, per i trattamenti relativi a periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa decorrenti dal 1° gennaio 2022, stabilisce il superamento dei previsti due massimali per fasce retributive attraverso l’introduzione di un unico massimale – il più alto – annualmente rivalutato secondo il suddetto indice ISTAT, che prescinde dalla retribuzione mensile di riferimento dei lavoratori.

Pertanto, con la presente circolare viene indicata la misura, in vigore dal 1° gennaio 2022, dell’importo massimo del trattamento di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, dell’assegno di integrazione salariale del Fondo di integrazione salariale (FIS) e del Fondo di solidarietà del Credito, nonché dell’assegno emergenziale per il Fondo di solidarietà del Credito, dell’assegno emergenziale per il Fondo di solidarietà del Credito Cooperativo, dell’indennità di disoccupazione NASpI, dell’indennità di disoccupazione DIS-COLL, dell’indennità di disoccupazione agricola, dell’indennità di disoccupazione a favore dei lavoratori autonomi dello spettacolo (ALAS), nonché la misura dell’importo mensile dell’assegno per le attività socialmente utili.

2. Cassa integrazione ordinaria (CIGO),cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA), cassa integrazione straordinaria (CIGS) e assegno di integrazione salariale del FIS

Nella tabella che segue, si riporta l’importo massimo mensile dei trattamenti di integrazione salariale di cui al citato articolo 3, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 148/2015, in vigore dal 1° gennaio 2022, che, come già evidenziato, prescinde dall’importo della retribuzione mensile di riferimento.

L’importo del massimale è indicato, rispettivamente, al lordo e al netto della riduzione prevista dall’articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, che, attualmente, è pari al 5,84%.

Trattamenti di integrazione salariale di cui all’art. 3, comma 5-bis
Importo lordo (euro)Importo netto (euro)
1.222,511.151,12

Detto importo massimo deve essere incrementato, in relazione a quanto disposto dall’articolo 2, comma 17, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nella misura del 20% per i trattamenti di integrazione salariale concessi in favore delle imprese del settore edile e lapideo per intemperie stagionali, come da tabella che segue.

La previsione dell’importo massimo delle prestazioni, di cui all’articolo 3, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 148/2015, non si applica ai trattamenti concessi per le intemperie stagionali nel settore agricolo, stante quanto disposto dall’articolo 18, comma 2, del medesimo decreto legislativo.

3. Fondo Credito
a) Assegno di integrazione salariale

Si riportano i massimali mensili previsti dall’articolo 10, comma 2, del D.I. n. 83486/2014, per l’assegno di integrazione salariale, aggiornati per l’anno 2022, nonché le retribuzioni mensili di riferimento per l’applicazione degli stessi.

Trattamenti di integrazione salariale – settore edile (intemperie stagionali)
Importo lordo (euro)Importo netto (euro)
1.467,011.381,34
Massimali assegno di integrazione salariale
Retribuzione mensile lorda (euro)Massimale (euro)
Inferiore a 2.225,741.208,83
Compresa tra 2.225,74 – 3.518,341.393,33
Superiore a 3.518,341.760,23

b) Assegno emergenziale

Si riportano i massimali mensili previsti dall’articolo 12, comma 3, del D.I. n. 83486/2014, per l’assegno emergenziale, aggiornati per l’anno 2022, nonché le retribuzioni mensili di riferimento per l’applicazione degli stessi.

L’importo indicato in prima fascia, calcolato sull’80% della retribuzione lorda mensile, è indicato al lordo e al netto della riduzione prevista dall’articolo 26 della legge n. 41/1986, che attualmente è pari al 5,84%. Stante il disposto normativo di cui all’articolo 12, comma 3, lettera a), del citato D.I., tale riduzione è comunque applicabile esclusivamente nell’eventualità in cui la prestazione in pagamento risulti pario superiore all’80% della retribuzione teorica, comprensiva di rateo, indicata dall’azienda nel flusso Uniemens.

Massimali assegno emergenziale
Retribuzione tabellare annua lorda (euro)Importo al lordo della riduzione del 5,84% (art. 26, L. n.41/1986) (euro)Importo al netto della riduzione del 5,84% (art. 26, L. n.41/1986) (euro)
Inferiore a 42.624,092.489,772.344,37
Compresa tra 42.624,09 – 56.083,492.804,71
Superiore a 56.083,493.925,53

4. Fondo Credito Cooperativo

a) Assegno emergenziale

Si riportano i massimali mensili previsti all’articolo 12, comma 3, del D.I. n. 82761/2014 per l’assegno emergenziale, aggiornati per l’anno 2022, nonché le retribuzioni mensili di riferimento per l’applicazione degli stessi.

L’importo indicato in prima fascia, calcolato sull’80% della retribuzione lorda mensile, è indicato al lordo e al netto della riduzione prevista dall’articolo 26 della legge n. 41/1986, che attualmente è pari al 5,84%. Tale riduzione è comunque applicabile esclusivamente nell’eventualità in cui la prestazione in pagamento risulti pario superiore all’80% della retribuzione teorica, comprensiva di rateo, indicata dall’azienda

nel flusso Uniemens.

Massimali assegno emergenziale
Fascia retributiva (euro)Importo al lordo della riduzione del 5,84% (art. 26, L. n. 41/1986) (euro)Importo al netto della riduzione del 5,84% (art. 26, L. n. 41/1986) (euro)
Fino a 40.294,432.387,972.248,51
Superiore a 40.294,43 e fino a 56.200,133.211,88
Superiore
a 56.200,13
3.735,72

5. Indennità di disoccupazione NASpI

Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22, la retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo delle indennità di disoccupazione NASpI è pari, secondo i criteri già indicati nella circolare n. 94 del 12 maggio 2015 a 1.250,87 euro per il 2022.

L’importo massimo mensile di detta indennità, per la quale non opera la riduzione di cui all’articolo 26 della legge n. 41/1986, non può in ogni caso superare, per il 2022, 1.360,77 euro.

6. Indennità di disoccupazione DIS-COLL

Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 15, comma 4, del decreto legislativo n. 22/2015 la retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo dell’indennità di disoccupazione DIS-COLL è pari, secondo i criteri già indicati nella circolare n. 83 del 27 aprile 2015, a 1.250,87 euro per il 2022.

L’importo massimo mensile di detta indennità non può in ogni caso superare, per il 2022, 1.360,77 euro.

7. Indennità di disoccupazione agricola

Per quanto riguarda l’indennità di disoccupazione ordinaria agricola con requisiti normali, da liquidare nell’anno 2022 con riferimento ai periodi di attività svolti nel corso dell’anno 2021, trovano applicazione, in ossequio al principio della competenza, gli importi massimi stabiliti per tale ultimo anno.

Pertanto, tali importi sono pari a quelli indicati nella circolare n. 7 del 21 gennaio 2021 con riferimento ai trattamenti di integrazione salariale, vale a dire a 1.199,72 euro (per ciò che riguarda il massimale più alto) e a 998,18 euro (quanto al massimale più basso).

8. Indennità di disoccupazione a favore dei lavoratori autonomi dello spettacolo (ALAS)

Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 66, comma 12, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, la retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo dell’indennità di disoccupazione a favore dei lavoratori autonomi dello spettacolo (ALAS) è pari, secondo i criteri già indicati nella circolare n. 8 del 14 gennaio 2022, a 1.250,87 euro per il 2022.

L’importo massimo mensile di detta indennità non può in ogni caso superare, per il 2022, 1.360,77 euro.

9. Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO)

Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 388, lettera d), della legge 30 dicembre 2020, n. 178, il reddito da prendere a riferimento per il riconoscimento della prestazione Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO) nell’anno 2022 (reddito dichiarato nell’anno che precede la presentazione della domanda) è pari a 8.299,76 euro.

Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, commi 392 e 393, della legge n. 178/2020 l’importo mensile dell’ISCRO per l’anno 2022 non può essere di importo inferiore a 254,75 euro e non può superare l’importo di 815,20 euro.

10. Assegno per attività socialmente utili

L’importo mensile dell’assegno spettante ai lavoratori che svolgono attività socialmente utili, a carico del Fondo sociale occupazione e formazione, è pari, dal 1° gennaio 2022, a 607,25 euro. Anche a tale prestazione non si applica la riduzione di cui all’articolo 26 della legge n. 41/1986.

Il Direttore Generale Vincenzo Caridi

BUONE FESTE

Buon Natale e felice anno nuovo!
Avvocato Marco Pellegrini
Buon Natale e felice anno nuovo!
Avvocato Marco Pellegrini

Concessioni demaniali marittime – Consiglio di Stato – ADUNANZA PLENARIA – Sentenze n. 17-18/2021

Nelle due sentenze parallele, nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021, il Consiglio di Stato in adunanza plenaria ha ritenuto che la proroga automatica delle…

Concessioni demaniali marittime – Consiglio di Stato – ADUNANZA PLENARIA – Sentenze n. 17-18/2021

Concessioni demaniali marittime – Consiglio di Stato – ADUNANZA PLENARIA – Sentenze n. 17-18/2021

Nelle due sentenze parallele, nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021, il Consiglio di Stato in adunanza plenaria ha ritenuto che la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, disposta dalla legislazione nazionale (art. 182, co. 2, d.l. 34/2020 convertito il L. 77/2020) è in contrasto con il diritto eurounitario e più precisamente con l’art. 49 del Trattato (TFUE) e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (direttiva Bolkenstein). La legislazione nazionale, pertanto, non può essere applicata ne’ dai giudici ne’ dalla pubblica amministrazione.

In coerenza con il principio sopra espresso, il Consiglio di Stato dispone che gli atti di proroga, rilasciata dalla P.A., ancorché su di essi si sia formato un giudicato favorevole, “deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo agli attuali concessionari“.

Tuttavia, conclude il Supremo Collegio, “al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata di tutte le concessioni in essere […], le consessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci fino al 31.12.2023“.

Tale scadenza, peraltro, deve essere interpretata come il termine entro il quale le amministrazioni devono predisporre le procedure di gara richieste, con l’auspicio che il legislatore colmi la lacuna normativa contrastante con i principi di derivazione europea.

A tale scopo, aggiungo, le amministrazioni, ad evitare disparità e squilibri tra i vari soggetti interessati, in sede di predisposizione dei nuovi bandi di gara, potranno e dovranno valutare l’inserimento di clausole cd. “sociali” finalizzate alla tutela e salvaguardia dei concessionari uscenti e del personale impiegato, laddove l’attività in concessione costituisca una fonte di reddito esclusiva e individuale del concessionario.

Licenziamento legittimo – utilizzo di social media durante l’orario di lavoro – CCNL Autoferrotramvieri

Tribunale di Cosenza, Ordinanza 9 ottobre 2021

L’ordinanza del Tribunale di Cosenza rappresenta, o dovrebbe rappresentare, un monito per la categoria dei lavoratori operanti nell’ambito del Contratto Collettivo degli autoferrotramvieri, ma più in generale per tutti coloro che si pongono alla guida di un mezzo. In particolare, il Giudice del lavoro ha ritenuto legittimo il licenziamento, e ancor prima la sospensione cautelare, del lavoratore che, in servizio alla guida di un veicolo aziendale, risultava attivo sui social media, inviando post e commenti nonché risposte ad altri utenti. A nulla è valsa l’impugnazione da parte del lavoratore di fronte alla documentazione prodotta dall’azienda che è riuscita a ricostruire i fatti e le circostanze oggetto di addebito e ricondurli al lavoratore.

Il Tribunale ha ritenuto che la condotta addebitata rappresenta giusta causa di licenziamento attesa “l’incompatibilità della stessa con le mansioni svolte (guida di veicoli aziendali)”. I fatti sarebbero tali da giustificare “il provvedimento espulsivo, anche in termini di proporzionalità, considerata la particolare natura dell’attività svolta e il grado massimo di attenzione che si deve pretendere da chi si pone alla guida di un automezzo, a protezione dell’incolumità degli utenti del servizio e più in generale della sicurezza della circolazione stradale“.

LAVORO – INIDONEITA’ SOPRAVVENUTA – OBBLIGO DI “ACCOMODAMENTI RAGIONEVOLI”

Civile Sent. Sez. Lavoro n. 6497/ 2021 sopravvenuta inidoneità fisica alla mansione

La vicenda va preliminarmente inquadrata nel contesto normativo di riferimento. Il d. Igs. n. 216/2003, nel dare “Attuazione alla direttiva 2000/78/qE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”, ha stabilito, tra l’altro, che “Il principio di parità di trattamento senza distinzione … di handicap … si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato ed è suscettibile di tutela giurisdizionale” con specifico riferimento anche alla seguente area: “occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento” (art. 3, comma 1, lett. b).

A seguito della condanna dell’Italia, da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea per inadempimento alla citata direttiva, il d.l. 28 giugno 2013, n. 76, ha inserito nel testo dell’art. 3 del d. Igs. n. 216/2003, un comma 3 bis del seguente tenore: “Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori“.

Nel diritto interno si rinviene una disciplina settoriale nella I. 12 marzo 1999, n. 68, recante “Norme per il diritto al lavoro dei disabili” attraverso “servizi di sostegno e di collocamento mirato” che prevede, tra l’altro, che i lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia“, questi non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori” (art. 4, co. 4, I. n. 68 del 1999).

Altra fonte interna è rappresentata dall’art. 42 del d. Igs. 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, secondo il quale il datore di lavoro, ove le misure indicate dal medico competente prevedano una inidoneità alla mansione specifica, “adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori“.

Sul piano della tutela, per il caso del licenziamento del lavoratore in condizione di inidoneità fisica o psichica ovvero di disabilità, il comma 7 dell’art. 18 della I. n 300 del 1970, come modificato dalla I. 28 giugno 2012 n. 92, ha previsto l’applicazione della reintegrazione nel posto di lavoro e del pagamento di un’indennità non superiore a 12 mensilità per il caso in cui si accerti “il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della I. n. 68 del 1999, per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore.

La Corte di Cassazione ha cercato di operare, nel quadro complesso, frutto di successive stratificazioni normative, di livello interno e internazionale, la sua funzione nomofilattica, ritenendo che gli “accomodamenti ragionevoli“, in tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, derivante da una condizione di handicap, sussiste l’obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi ragionevoli nei luoghi di lavoro ‘ai fini della legittimità del recesso, secondo una interpretazione conforme agli obiettivi della direttiva 2000/78/CE.

Conseguentemente la Corte ha ribadito il principio che, ai fini della legittimità del licenziamento del lavoratore per inidoneità fisica sopravvenuta, sussiste l’obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi, si è ritenuto che gli stessi debbano essere adottati “secondo il parametro (e con il limite) della ragionevolezza” e che in particolare occorre tenere conto “del limite costituito dall’inviolabilità in peius (art. 2103 c.c.) delle posizioni lavorative degli altri prestatori di lavoro”, nonché evitare “oneri organizzativi eccessivi (da valutarsi in relazione alle peculiarità dell’azienda ed alle relative risorse finanziarie)”, stante l’esigenza del “mantenimento degli equilibri finanziari dell’impresa”.

INFORTUNIO – RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO – Cass. civ. Sez. lavoro, Ord.,21-09-2021, n. 25597.

Con la recente sentenza la Corte di Cassazione, forse sulla scorta dell’impennata degli infortuni, talvolta mortali, che si sono purtroppo verificati nell’ultimo anno, ha specificato i limiti della reponsabilità datoriale.

L’obbligo di sicurezza posto a carico del datore di lavoro, e che trova fondamento nell’art. 32 Cost., oltre che nell’art. 31 della c.d. Carta di Nizza, ove si prevede che “ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose”, è declinato attraverso specifiche disposizioni di legge (tra cui il D.Lgs. n. 81 del 2008) e attraverso la norma di chiusura dettata dall’art. 2087 c.c., così che è imposto al datore di lavoro di adottare non solo le particolari misure tassativamente previste dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata, ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore, in base all’esperienza ed alla tecnica e tenuto conto della concreta realtà aziendale e degli specifici fattori di rischio, sia pure, come è stato precisato, in relazione ad obblighi di comportamento concretamente individuati.”

La mancata attuazione delle misure di prevenzione, specificamente previste da norme di legge oppure esigibili nel caso concreto in base alle regole di prudenza, perizia e diligenza, e idonee ad impedire l’evento lesivo oppure a ridurne le conseguenze, fonda la responsabilità datoriale per il caso di infortunio occorso al lavoratore.

Si è ulteriormente precisato che le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore anche dagli incidenti ascrivibili a sua imperizia, negligenza ed imprudenza. La dimensione dell’obbligo di sicurezza che grava sul datore di lavoro comporta che questi sia tenuto a proteggere l’incolumità dei lavoratori e a prevenire anche i rischi insiti nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia dei medesimi nell’esecuzione della prestazione, dimostrando di aver posto in essere ogni precauzione a tal fine idonea.

Con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del lavoratore, sia quando, pur avendo adottate le necessarie misure, non accerti e vigili affinchè queste siano di fatto rispettate da parte del dipendente .

RISARCIMENTO DEL DANNO PATRIMONIALE – DANNO MORALE

Talvolta il cliente, a fronte di un danno patrimoniale, chiede il risarcimento anche del danno morale, ponendo il professionista, laddove non vi siano i presupposti, nella scomoda posizione di fornire un parere negativo.

In soccorso viene utile una recente pronuncia della Corte di Cassazione [Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 26/07/2021, n. 21398] che non riconosce dovuto il danno morale nell’ipotesi di inadempimento di una compagnia telefonica tale da impedire l’uso del telefono fisso, quale che ne sia la durata.

non può legittimare alcuna pretesa al risarcimento di danni non patrimoniali in quanto il diritto a comunicare con un solo telefono non è un diritto fondamentale della persona, perché non necessario alla sopravvivenza, e l’impedimento dell’uso del telefono non menoma né la dignità, né la libertà dell’essere umano, né costituisce violazione di alcuna libertà costituzionalmente garantita, tanto meno quella di comunicare.